Corso di falegnameria: gli scalpelli

Continuano gli articoli che parlano degli attrezzi base per il falegname-restauratore. Sono gli attrezzi che si usano dal vero durante i corsi di falegnameria a Milano. Uno degli attrezzi fondamentali per il falegname e il restauratore è lo scalpello. In questo articolo il maestro artigiano lo descrive…

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Lo scalpello è l’utensile più semplice, ma anche uno dei più importanti, tra quelli a disposizione di un artigiano per lavorare il legno. Nelle grandi falegnamerie moderne, dove si usano le macchine per la maggior parte delle lavorazioni, nei cassetti dei banchi da lavoro si trovano ancora set di scalpelli di varie misure, affilati a seconda delle esigenze dell’operatore. Tanto più sono importanti per il restauratore o l’hobbista, che non possiede che poche macchine, e deve quindi spingere di più sul lavoro manuale.


Gli scalpelli si usano per costruire incastri, per scavare mortase o scanalature, per fare tasselli, per spianare porzioni in rilievo e in generale per tutte quelle operazioni volte a modificare e modellare il legno. Lo scalpello non è altro che una barra di acciaio lunga una decina di cm o poco più, con la punta (il “tagliente”) temprata e affilata e il codolo unito al manico. L’unione può avvenire principalmente in tre modi in relazione al tipo di codolo.


Primo tipo, più tradizionale, a “codolo appuntito”

La barra è appuntita a un estremo e conficcata nel manico che viene a sua volta irrobustito con una ghiera circolare; manici sprovvisti di questa ghiera potrebbero aprirsi dopo pochi colpi, e denotano scalpelli di scarso valore. I ferri per lavori pesanti hanno una seconda ghiera in fondo al manico.


Secondo tipo, a “codolo a bicchiere”

Il codolo viene forgiato a forma di cono, ed è il manico che viene affusolato e conficcato nel cono. Il risultato è una linea continua tra manico e lama che rende l’impugnatura più ergonomica. L’utensile in generale più robusto. Anche se varia molto dal modello di utensile, può capitare in questo tipo di unione che la lama risulti di peso e di ingombro sproporzionati rispetto al manico, con problemi di bilanciamento.


Il terzo tipo, tipico dei ferri giapponesi

E’ una combinazione dei primi due. Cioè la ghiera del primo modello è sostituita con una a cono molto più solida, che permette una maggiore trasmissione della forza del colpo dal manico alla lama. Mantiene le caratteristiche ergonomiche del secondo modello.

Matteo Gandini

Nel prossimo articolo parleremo delle sgorbie…

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Leggi anche:
il banco
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la molatura
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Mi chiamo Carlo Ferrari e da oltre 20 anni mi occupo di restauro e antiquariato.

Un giorno ho deciso di fare della mia passione il lavoro del mio futuro. Un hobby, una passione proprio come te.

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