I conoscitori del mobile siciliano dell’Ottocento hanno un vantaggio rispetto agli altri: sanno cosa sono sia il secretaire che lo chiffonier, mentre quest’ultimo è praticamente sconosciuto al di fuori della Sicilia. Curiosamente lo chiffonier non trova alcun riscontro né in ambito napoletano né in altri contesti dell’Italia meridionale continentale. Così come non è diffuso in Francia dove il termine significa semplicemente “cassettiera”.
Lo chiffonier è costituito da una parte superiore a due ante e una parte inferiore a cassetti. Si tratta, in sostanza, di una sorta di secretaire con le ante, molto spesso a specchio, al posto dell’asse ribaltabile e privo del cassetto sotto il cappello. Un elemento che lo accomuna al secretaire è il fatto che le ante celano un vano dove alloggia comunemente lo “scarabattolo” composto da scomparti e tiretti.
Nella seconda metà dell’Ottocento possiamo trovare un’unica anta che lo rende ancora più simile al secretaire sul piano formale. Inoltre, un legame di parentela lo unisce anche alla credenza a doppio corpo, al settimanale e all’armadio ad anta unica con specchiera e due cassetti sottostanti.
L’origine dello chiffonier
Non è chiara, così come non è chiaro il motivo per il quale sia pressoché esclusivamente siciliano. Possiamo però ricordare, già in epoca Impero, degli antesignani: alcuni cassettoni siciliani dotati di un corpo superiore ad ante vetrate, non vincolato al corpo principale e leggermente rientrante rispetto al perimetro del piano.
Lo chiffonier è stato prodotto in diversi esemplari dagli inizi dell’Ottocento fino alla fine del secolo ed è proprio sull’esatta definizione dell’epoca che può essere opportuno produrre qualche chiarimento, soprattutto in merito a numerosi esemplari classificati e proposti sul mercato come “Carlo X”.
Lo stile Carlo X
Nella sua accezione più ristretta, caratterizzata da intarsi in legni scuri (noce, amaranto, sicomoro, ecc.) su fondo chiaro (acero, frassino, cedro, ecc.) – ha avuto una vita veramente effimera, convenzionalmente dal 1825 al 1830 circa. Attorno al 1830 si affermano mobili che presentano analoghe decorazioni, ma con rapporto cromatico invertito: intarsio chiaro su fondo più scuro.
Ne è un esempio lo chiffonier (Figura 1) databile al 1830-35. Perfettamente coerente allo stile della piena Restaurazione anche sul piano formale: cappello leggermente estroflesso, spigoli arrotondati senza aggettare dal corpo e piedi a cipolla schiacciata.
La piacevolezza di questo stile sul piano cromatico, soprattutto nella prima versione “scuro su chiaro”, ha fatto sì che venisse riproposto anche molto più tardi nel corso dell’Ottocento.
Come si individuano allora gli chiffonier da datare ben oltre la metà del secolo, sebbene impiallacciati in legni chiari e spesso intarsiati? Bisogna guardare (Figura 2) a diversi particolari formali, che bisogna imparare a riconoscere e che denotano l’epoca più tarda come:
a) gli spigoli a taglio obliquo (scantonati), spesso aggettanti e decorati a intaglio;
b) la forma mistilinea della cornice interna che delimita gli specchi sulle ante;
c) la presenza di cornicette a rilievo di forma ellittica applicate sulla fronte dei cassetti;
d) l’andamento mosso della fascia di base
Sarebbe ben diverso se il mobile avesse un’impronta neogotica. Qui non bisogna fare l’errore di considerarlo “eclettico” a priori, perché il neogotico è una componente stilistica già presente attorno al 1820, con particolare riferimento proprio alla Sicilia dove lo troviamo in versione “normanna” con inflessioni arabe.
Andrea Bardelli
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