Perché un violino si chiama “Messia” e cosa c’entra la dendrocronologia?
Tutto cominciò con una battuta ironica: nell’Ottocento, durante i suoi viaggi a Parigi, il collezionista italiano Luigi Tarisio parlava continuamente del suo prezioso violino Stradivari senza però mai mostrarlo. Un celebre violinista francese, spazientito, scherzò affermando che il violino era come il Messia, “lo si aspetta sempre e non appare mai”.
Quel violino, oggi noto come “Messia”, venne acquisito nel 1939 dall’Ashmolean Museum di Oxford, grazie alla generosa donazione della celebre liuteria londinese W.E. Hill & Sons. I proprietari della liuteria rifiutarono persino un assegno in bianco dal magnate Henry Ford, pur di garantire che il prezioso strumento rimanesse visibile a tutti, divenendo fonte d’ispirazione per generazioni di liutai. Attualmente, il Messia è valutato oltre venti milioni di dollari.
Ma il fascino di questo violino non si ferma qui. Nel 1999, l’autenticità del Messia venne clamorosamente contestata da Stewart Pollens, curatore presso il Metropolitan Museum of Art. Secondo Pollens, il Messia avrebbe potuto essere una raffinata copia ottocentesca realizzata dal liutaio Jean-Baptiste Vuillaume, famoso proprio per le sue repliche di strumenti antichi, che dopo la morte di Tarisio acquistò il violino e lo conservò per oltre trent’anni.
Per risolvere il mistero, si ricorse alla dendrocronologia, la tecnica che analizza gli anelli di crescita nel legno per datarne l’origine con precisione, sono gli stessi anelli di accrescimento che “leggiamo” sulla superficie del violino. Tuttavia, le prime indagini non fecero che alimentare ulteriormente la polemica: secondo alcuni studiosi, il legno del Messia era ancora in crescita dopo la morte di Stradivari nel 1737, mentre per altri era antecedente a quella data.
Fu solo nel 2016 che la questione venne finalmente risolta dall’esperto di dendrocronologia britannico Peter Ratcliff. Grazie a tecniche avanzate e a un vasto database di riferimento, Ratcliff confrontò gli anelli del Messia con quelli di un altro violino di Stradivari, l’ex-Wilhelmj del 1724, scoprendo una sorprendente corrispondenza: entrambi provenivano dallo stesso albero.
Questa scoperta ha messo fine (si spera definitivamente) alla controversia sull’autenticità del Messia, che oggi continua ad affascinare appassionati e liutai di tutto il mondo, custodendo nelle sue venature la storia incredibile di un talento straordinario (Stradivari) e di una scienza capace di svelarne ogni mistero (dendrocronologia).
Questa storia ci ricorda quanto sia fondamentale imparare a leggere il legno e riconoscerne le caratteristiche, non soltanto negli strumenti musicali, ma anche nei mobili antichi. Proprio come nei violini preziosi, anche nei mobili l’attenta analisi del legno permette di ricostruirne epoche, origini e autenticità.
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Il maestro Carlo
Le immagini di questo articolo sono di Simonetta Palmucci e di The Strad che ringrazio. Puoi vedere il video dove Peter Ratcliff spiega come ha risolto questo caso.