Nell’ambito della ripresa, nell’800, del gusto e degli stili del passato amo molto la riproposta della tarsia neobarocca. Maestri di quest’arte furono i fratelli Falcini attivi a Firenze nella prima metà dell’800. La loro bottega, passata poi ai figli, rimarrà attiva per tutto l’800. Ho già avuto modo, in questo post, di parlare della tarsia neobarocca e di come gli intarsiatori si siano sempre ingegnati nel proporre tarsie realizzate con essenze dai colori più diversi e contrastanti.
Tarsie colorate
Dove non era possibile avere legni esotici molto colorati ma rari e costosi gli artigiani tingevano le essenze locali chiare e dalla tessitura uniforme. Tornando ai Falcini un documento dell’epoca ci dice quali erano i legni usati e quali gli espedienti per colorarli. Per i fondi preferivano quattro legni scuri: l’ebano nero, il noce d’India, il mogano di Cuba e quello di Giamaica. Per i rossi: l’ebano rosa, il corallino delle Antille, l’aloe indiano, il rosaceo della Gujana, di Rodi e di Cipro, il rosso delle Amazzoni, il violaceo dei monti di Gayas e del Brasile.
Per i gialli: il legno di scotano, il sommaco di Sicilia, il priego di Spagna e d’America, il sandalo citrino, il sondro maremmano e il bosso. Per i verdi era disponibile allora solo il calambaco del Messico in tre tonalità diverse. Come vedi un mondo di legni che uniti a madreperla, tartaruga e metalli riproponevano quella tarsia che tanta fortuna ebbe nel 600. Per quanto riguarda il verde acceso, l’azzurro ed il viola si ricorreva alla colorazione dei legni. Ma per questo aspetto molto alchemico ti rimando ad un prossimo post…
Ho parlato della tarsia anche in questo post.
Nell’immagine: Tavolo intarsiato con legni vari, ebano,avorio e madreperla. Luigi e Angiolo Falcini, 1840 circa. Firenze, Palazzo Pitti, Galleria d’arte moderna
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