Tempo fa, parlando ai miei studenti dell’Accademia del restauro di impiallacciatura e lastroni, e su come si posano in opera con la colla a caldo, ho parlato del “rabot” e del significato del termine “rabottare”.
Come sai un mobile lastronato o impiallacciato è un mobile costruito con una essenza non nobile o di pregio. Spesso si usa il pioppo o l’abete, rivestito poi con un foglio sottile di un’essenza più nobile quale il noce, il mogano o una radica.
“Rabottare”
Significa graffiare la superficie della struttura in legno dolce prima della posa del lastrone.
Questi graffi hanno la funzione di accogliere la colla a caldo. Aumentano la superficie di incollaggio ancorando così il lastrone alla struttura del mobile.
Lo strumento usato per questa operazione è il “rabot”. Una pialla con la lama molto speciale. La lama infatti è tutta dentata e passando sulla superficie la incide “rabottandola”.
Il termine “rabot” in francese significa semplicemente “pialla”. In italiano si usa in riferimento a questo specifico attrezzo. La pratica di rabottare i mobili è caduta in disuso intorno alla metà dell’800,
Dopo l’introduzione delle impiallacciature sempre più sottili, fino a pochi decimi di millimetro, prodotte non più a mano come i lastroni ma a macchina. “Rabottare” era invece indispensabile quando gli spessori dei lastroni, tagliati a mano, non potevano essere inferiori ai 2/4 millimetri.
Il passaggio successivo, nella posa del lastrone era, oltre all’uso della colla animale, l’uso della martellina, ma di questo parleremo prossimamente.
Le immagini sono tratte da un mio tutorial sull’uso del “rabot” per lastronare con la colla a caldo e mostrano una superficie “rabottata”, un “rabot”, la sua lama ed infine la martellina per lastronare.
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