Continua la pubblicazione di alcuni estratti dal libro “Vecchi mobili italiani” scritto dalla Contessa Terni De Gregory negli anni 50. Si tratta di uno pei primi libri che analizza in senso critico la storia del mobile. Il tutto condito dai commenti di una nobildonna…io lo trovo non solo interessante ma anche di piacevole lettura (cosa rara nei libri di storia del mobile).
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Ecco per te alcuni brani tratti dal libro “Vecchi mobili italiani”:
Barocco…
Ogni stile è bello in mano ad un vero artista e l’epoca del Barocco, durata approssimativamente dal 1650 al 1720, ci ha lasciato delle cose splendide, create appunto da distinti artisti del mobilio, dei quali la Francia, culla di questo stile detto anche “Luigi XIV”, si trovava specialmente ricca. È bella la sobria mobilia creata in quest’epoca in Inghilterra dove le esuberanze barocche non fecero mai presa, sobria e piacevole anche quella olandese, mentre il Barocco tedesco è pesante, goffo e quello spagnolo pecca di una esuberanza quasi delirante.
In Italia, seppure la tendenza all’esagerazione si manifestò in forma marcata, alcune scuole d’artigiani seppero tenere la testa sulle spalle ed evitare escandescenze decorative. Curarono la linea, non la soffocarono e ci lasciarono un buon numero di belle cose. Ne possiamo trovare molte a Venezia, un po’ meno in terraferma, e nelle grandi città quali Milano, Torino e Genova, meno ancora nelle città di provincia. A Firenze è sfuggito lo scettro ed in quest’epoca la sua mobilia non ha speciali pregi; Roma sfoggia un ricco e pesante Barocco tutto suo.
Ma mentre a Venezia e nelle principali città abbondavano gli artigiani di fine sensibilità che sapevano rimanere a galla, i falegnami inesperti che lavoravano per i tronfi nobilucci di provincia affogavano nelle complicazioni, nella grandiosità e nella falsa magnificenza. Sono forse le loro creazioni goffe e troppo cariche di scadenti intagli, intarsi, dorature, che più hanno contribuito a screditare questo stile ed a far sì che ancora oggi davanti a qualunque oggetto di stile indefinibile ma troppo complicato si esclami: che cosa barocca!
Barocchetto…
Il Barocchetto italiano tende alla sobrietà: abbandona gli spigoli sporgenti, le linee spezzate, le contorsioni barocche, evita le esuberanze decorative del Rococò francese per adottare la linea fluente, la curva continua, ed utilizza con relativa parsimonia elementi decorativi tolti sia dal Luigi XIV che dal Luigi XV. Nei cassettoni e mobili simili si trova quasi sempre la facciata a linea convessa, raramente invece la “mossa inversa”. I mobili più fini hanno più curvature o “mosse”, ma tutte armoniose e confluenti. Alcuni, più larghi a tergo che in facciata, presentano nei fianchi una curva obliqua convessa o concava, seguita dallo spigolo smussato e spesso accompagnato da una curva verticale, che si ripete nella facciata insieme con la solita curva orizzontale.
Le curve verticali talvolta s’iniziano con una gola concava e terminano in una fascia centinata alla quale s’innestano i piedini ricurvi, ma spesso mancano gola e fascia e la curva fluisce dal piano del mobile fino alla punta del piedino (tav. XXIV-2). Questi mobili a movimento doppio o triplo, comunemente qualificati col vocabolo francese “bombé”, sono della metà del secolo. Sono quasi sempre completamente impiallacciati con radica di noce sopra un fusto fatto di molte assicelle di legno dolce: sono assai pregiati e la scoperta di un bel “bombé” , sia comò, mobiletto o trumeau, rappresenta uno dei maggiori trionfi per il cacciatore d’antichità.
Sono specialmente ricercate le ribalte a duplice o triplice mossa e col coperchio rialzato nel centro “a cofano”. La parte superiore del mobile forma così una linea a cono tronco che si trova anche in alcuni cantonali (tav. XXIV- 4 e 5) ed in forma più semplice nelle classiche ribalte veronesi che hanno questa mossa solo nelle spalle.
Divani e poltrone a orecchioni…
Nelle sedute le gambe curvate a capriolo, segno principale della transizione dal Barocco, sono nel primo tempo ancora inceppate da traverse tornite sagomate o curvate. Si fanno poi libere, con piccoli piedi a riccio ovvero a zoccoletto o zampetta di bestiola. Anche i divani e le poltrone hanno gambette e braccioli curvi, e si afferma specialmente fra la mobilia lombarda il divano impropriamente detto “ad orecchioni” (vedi immagine in alto) ossia con i braccioli a forma di grandi volute rovesciate ed accartocciate che si trovano anche tra la mobilia veneta e piemontese. Vi sono anche poltrone di questo tipo, ma sono rarissime.
Sono autentiche poltrone ad orecchioni quelle grandi poltrone del Sei, Sette ed Ottocento che hanno spalliera altissima imbottita e con fìancate volte in avanti a formare in alto due sporgenze arrotondate onde proteggete chi siede nella poltrona dalle correnti d’aria. Alcune hanno nei braccioli delle guide metalliche da potersi estrarre per reggere una tavoletta per scrivere ovvero un vassoio con cibo (vedi immagine sotto). Armadi e credenze non potevano, per ragioni di solidità, essere costruiti, come i modelli più piccoli, di molti pezzi di legno dolce ricoperti di radicature, perciò molto raramente presentano una qualsiasi curva strutturale. Hanno invece la cimasa mossa, forse anche una centinatura inferiore: hanno pannelli intagliati od intarsiati con i vigenti motivi asimmetrici, nei quali compariranno i tipici cartigli, meandri e increspature.
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Ci sentiamo presto con altri interessanti brani tratti dal libro “Vecchi mobili Italiani” edito negli anni 50 da Antonio Vallardi Editore.
Il maestro Carlo